Una sera di martedì

Si comincia a sentire una debolezza totale ognuno pensa alla morte perché si vedevano cadaveri annegati e piroghe vuote che vuol dire che sono morti tutti.

Una sera di martedi, verso le 3 del mattino, ho lasciato la costa atlantica in una città che si chiama **** in destinazione le Isole Canarie. Noi eravamo circa più di 50 persone tutti senegalesi.

Ognuno di noi ha preso un posto nella piroga a motore.

Da Dakar al Marocco non c’era problema né sofferenze. Nella piroga si era insieme, si divideva il mangiare, ci si aiutava, si cantava “Sikroulah” il nome di Dio, si facevano preghiere dentro.

Giunti ad un certo livello dell’Oceano Atlantico è il momento delle grandi sofferenze e della vera paura. Non avevamo più niente da mangiare né da bere con grande calma nessuno parla più.

Si comincia a sentire una debolezza totale ognuno pensa alla morte perché si vedevano cadaveri annegati e piroghe vuote che vuol dire che sono morti tutti. Ad un certo punto ci siamo persi nell’oceano perché il conduttore era molto stanco e provava sempre a fare il meglio.

E l’acqua cominciava a entrare nella piroga e chi aveva un po’ di energia impediscono il naufragio della piroga deviando l’acqua. E ad un tratto uno di noi ha intravisto la luce di una nave spagnola che arrivava a tutta velocità per salvarci. Ci scaricano nella piroga e ci mettono nella nave in direzione delle Isole Canarie. Lì ci hanno aiutato finalmente c’erano dei medici che ci trattavano bene. Ci davano anche da mangiare.

Arrivati alle Isole Canarie c’erano un centinaio di persone che ci incoraggiavano e un mese dopo loro (gli spagnoli) cominciano a liberare le persone che hanno dei corrispondenti in Spagna. E finalmente mi sono liberato e sono partito da un amico che mi ha ospitato nella sua casa qualche giorno dopo sono venuto in Italia che era sogno. Questi 11 giorni di viaggio nell’Oceano è stato un momento indimenticabile che non augurerei mai perché miei fratelli e sorelle provassero di farlo perché è una maledizione.

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