Tanti saluti mi chiamo Amir, ho 16 anni.

Salutando la mia famiglia, sono partito per un viaggio pieno di difficoltà e amarezze. Io con altri amici, siamo arrivati ad Urumya, da dove siamo saliti a bordo del furgone. Il quale aveva una velocità più o meno uguale a quella della gara di Dakar-Parigi.

La prima notte l’abbiamo trascorsa nella stalla al confine. La sera successiva siamo partiti per la Turchia. Quando mi ricordo quelle montagne, non mi viene da credere che ancora sono vivo.

Era duro, davvero molto duro. Abbiamo camminato dalle 21.00 di sera fino alle 9 di mattina del giorno dopo. Non avevo più la forza, da poco eravamo arrivati nella città di Van, che si trova al confine in Turchia, anche se le sere successive, quasi per 4 giorni sia di giorno che di notte, abbiamo camminato.

Senza sapere del nostro destino eravamo contenti di essere a bordo della machina. Il tif [tir] era pronto per accogliere 200 persone o anche di più a bordo di sé. Insomma ci hanno sistemato come le pecore, a bordo del tif, in cui siamo rimasti per 34 ore consecutive, in una condizione degradante, senza l’acqua e cibo. Quasi, quasi stai perdendo la speranza di sopravvivere.

Quando siamo arrivati ad Istanbul, avevo perso tutti i sensi.

Quando ho aperto li occhi mi sono ritrovato rinchiuso in un sotterraneo con altre 100 persone. Dove non c’era ossigeno, la sera i ragazzi dell’etnia Hazara, hanno picchiato un contrabbandiere e sono scapati. Non vorrei che qualcuno ci rimanga male. poiché appartengono alla etnia Hazara e non ho nessun pregiudizio, nonché siamo tutti connazionali. Leggendo il seguito della storia capite meglio fratelli.

Insomma dopo che [li] hanno picchiati, i contrabbandieri sono scappati. Se loro non li avessero picchiati, non mi sarei trovato qui oggi. Il dormitorio dei contrabbandieri sono stati sgamati [scoperti], e noi siamo stati trasferiti ad altra parte. La sera io e altri ragazzi Hazara siamo stati picchiati selvaggiamente dai contrabbandieri poiché eravamo fuggiti dal dormitorio. Abbiamo pagato i contrabbandieri e siamo stati rilasciati. Siamo riandati in un altro dormitorio.

Anche all’epoca c’erano tre modi per arrivare in Grecia. Cioè o con gommoni a remo, o con  barca e gommone al motore o con traghetto.

Noi siamo partiti con gommone a remo. La mezzanotte ci siamo buttati nel mare e abbiamo remato per 5 ore, stavamo quasi per arrivare, che le guardie costiere greche ci hanno fermato prima ci hanno rubato i soldi, poi trainando il nostro gommone, nelle acque turche ci hanno abbandonato con solo un remo.

Sei ore abbiamo galleggiato nel mare, finché sono arrivati le guardie turche. Insomma siamo stati portati nel carcere. Tre mesi sono rimasto nel carcere, durante le quali tante volte abbiamo provato a fuggire. Cioè i ragazzi avevano sfondato il portone, un altro ragazzo aveva bucato il muro un altro persino aveva staccato la saldatura delle barre. Però nessuno ci é riuscito a scappare; in manette siamo stati portati ad Istanbul, e siamo stati rimpatriati a Kabujlan.

Sono rimasto tre mesi in Afghanistan.

Di nuovo, illegalmente, con tante difficoltà sono ritornato in Iran. I miei sono stati molto contenti di avermi rivisto. Ho lavorato per due anni in Iran. Non avevo nessuna intenzione di ripartire per l’Europa ma non lo so, come di nuovo mi è venuto l’idea di ripartire. Ora mi ritrovo in Italia. Da sette mesi sono in viaggio. Però sono scontento della mia scelta perché la famiglia ha un valore imparagonabile nella vita. Nonostante che c’è l’acqua, mi trovo con la sete. Ancora sono in viaggio per arrivare al destino.

Spero che tutte queste difficoltà ripaghino.

 

Amir
Afghanistan