La prima volta al MAXXI

Posso dire che la visita del Maxxi mi ha cambiato tantissimo e forse ha cambiato la direzione della mia vita.

La prima volta che ho visto il museo MAXXI me la ricordo molto bene, un gruppo di ragazzi afghani accompagnati dal signor Yves siamo andati al museo, lì ci aspettava la professoressa Vannini. Lei ci ha accolto con un grande sorriso, e con tanto entusiasmo ha iniziato a raccontarci la storia del museo. La professoressa ci spiegava tutti i dettagli dell’architettura del museo.

Ero molto curioso e volevo chiedere tante domande ma non potevo chiedere delle domande perché avevo tanta difficoltà in italiano e non potevo capire tutte quelle informazioni che ricevevo e questo fatto mi scocciava molto. Continuavamo a camminare nei corridoi del museo e salivamo e scendevamo dalle scale e vedevamo le opere sparse in spazi del museo.

Per la prima volta vedevo delle opere dell’arte contemporanea, facevo fatica di capire il senso di tutte quelle cose meravigliose, mi sembravano molto inutili ed ero molto diffidente. Quella visita è finita ma mi sono rimaste tante domande senza risposta in mente. Qualche tempo dopo quella visita un’altra volta la professoressa ci ha invitato a visitare il museo; ero molto felice perché un’altra volta avevo la possibilità di conoscere e scoprire l’arte del museo che è sempre bello e sempre ci sono nuove cose da scoprire.

Noi continuavamo le nostre visite al MAXXI e ogni volta imparavo una cosa nuova, finché un giorno la professoressa ci ha invitato a vedere una mostra speciale legato al mio paese d’origine Afghanistan. Con un gruppo di ragazzi afghani in transito verso nord Europa siamo andati al museo. I ragazzi erano meravigliati a vedere questo magnifico edificio e io ero molto felice di poterli raccontare un po’ della storia del museo e tradurre quello che ci raccontava laprofessoressa. Alla galleria numero 4 ci aspettava la mostra sull’Afghanistan. Siamo entrati in questa sala bianca con i soffitti molto alti, sui muri erano appesi dei quadri in varie misure, al centro della sala c’era un tappeto per terra. Lì ho sentito per la prima volta il nome di Alighiero Boetti artista italiano che viveva e lavorava tanti anni fa a Kabul capitale dell’Afghanistan.

La professoressa ci ha raccontato un po’ della vita di Boetti e ha detto che lui era un artista amante dell’Afghanistan. Il tappeto era una cosa che io odiavo da bambino perché anche io lavoravo e facevo i tappeti ma quel tappeto sembrava molto speciale perché raccontava tante cose, raccontava le persone che l’avevano fatto, dentro il tappeto come tutti i tappeti afghani era pieno di disegni e la natura ma nella parte un po’ più esterna c’era una scritta al posto di disegni, potevo leggere quello che c’era scritto, “questo tappeto è stato fatto da donne afghane a Peshawar Pakistan per il signor Boetti, data…”.

Uno dei ragazzi ha iniziato a raccontarci il suo passato anche lui per un periodo aveva vissuto nei campi profughi afghani a Peshawar e per sopravvivere faceva tappeti. Un altro ragazzo si è fermato davanti a un quadro e con tanta gioia ci ha letto una poesia scritta in farsi: nel quadro è raccontato quando il Mulla andava a[lla] Madrasa che lì insegnava il Corano, a scrivere e leggere, e lì recitava anche delle poesie, delle poesie che lui le sapeva in mente e ora una delle quale di queste [si] trovava migliaia chilometri lontano dal suo viaggio qui al Maxxi.

Anche io vedendo le opere di Boetti mi scorreva tutto il mio passato davanti ai miei occhi. Le sue opere mi facevano ricordare la mia famiglia che facendo tappeti guadagnava per vivere. Mi sono fermato davanti alla mappa del mondo con gli oceani di colore rosa, e mi ricordavo la mia mappa del mondo il mio giocattolo preferito. 

Ho visto due tele molto grandi di Alighiero Boetti che erano le ultime opere sue. In queste due opere ho visto tutta la mia infanzia e sono riuscito a ricordare il mio padre che l’aveva perso quando era piccolo. Mio padre anche [era] molto preoccupato per il mondo come Boetti, sempre seguiva le notizie sperando che un giorno arriva una notizia buona di un cambiamento positivo nel mondo, o al meno [in] Afghanistan. Anche lui come Boetti era lontano dal suo amatissimo Afghanistan e sognava di rivederlo ma non ha avuto l’occasione di rivedere Afghanistan. In questo senso Boetti mi faceva ricordare il mio padre. Dopo quella mostra non era solo curioso verso l’arte contemporanea ma vedevo l’arte come uno strumento grazie al quale tutte le persone possano raccontarsi e esprimere i loro desideri e preoccupazioni.

Posso dire che la visita del Maxxi mi ha cambiato tantissimo e forse ha cambiato la direzione della mia vita.

Mujtaba
Afghanistan